TrUST Podcast episode n. 5:

Performance accademica & etica della cura

Cosa c'è dietro e oltre il ruolo di docente / studente universitario oggi?

In questa puntata, l’unica in italiano (per ora!), Giulia Sonetti parla di performance accademica ed etica della cura con: Alex Bellini, esploratore, oratore motivazionale e “performance coach”; Maura Gancitano, scrittrice, filosofa e fondatrice del progetto Tlon; Angela Moriggi, ricercatrice presso l’università di Padova; Marianna Esposito, professore associato presso l'Università degli Studi di Salerno.

Ospiti

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Alex Bellini

Alex Bellini è un esploratore, un oratore motivazionale e un “performance coach”. Grazie alle sue avventure, Alex viaggia per il mondo, esplorando ambienti molto diversi. Durante i suoi viaggi, Alex ha sempre trovato un modo per crescere come persona e la sua vita e le sue avventure sono la prova della straordinaria adattabilità, perseveranza e leadership personale di ogni essere umano.

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Maura Gancitano

Maura Gancitano è una scrittrice, filosofa e fondatrice del progetto Tlon. Si occupa di filosofia e immaginazione, ricerca interiore, educazione di genere, letteratura. Tiene discorsi e seminari in scuole, aziende e fondazioni, in particolare su ansia da prestazione, fioritura personale, educazione sentimentale, discorsi di odio, gestione della diversità e strumenti filosofici per migliorare la creatività e l'immaginazione.

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Marianna Esposito

Marianna Esposito è Professore Associato presso l'Università degli Studi di Salerno, dove insegna Filosofia politica e Global Gender Studies. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia e Politica presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli. Ha partecipato come relatrice a convegni, seminari e scuole estive nazionali e internazionali. La sua ricerca si concentra sui temi della libertà e della comunità nella filosofia moderna e contemporanea, sulla genealogia della governamentalità, sulla dimensione politica della soggettività femminista. È autrice di numerosi articoli e saggi su volumi e riviste.

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Angela Moriggi

Angela Moriggi è una ricercatrice sociale che lavora per progetti di sostenibilità transdisciplinare dal 2013, con una vasta esperienza sul campo in Finlandia, Italia e Cina. Attualmente è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Territorio, Ambiente, Agricoltura e Foreste dell'Università di Padova (IT), e sosterrà il suo dottorato di ricerca nel giugno 2021 con il Gruppo di sociologia rurale dell'Università di Wageningen (NE). Recentemente le è stata assegnata una borsa di studio individuale Marie Curie per studiare l'innovazione sociale trasformativa nelle aree rurali utilizzando processi di visione co-creativa. Ha una solida esperienza con approcci partecipativi e orientati all'azione, inclusi metodi basati sull'arte. Oltre al suo lavoro scientifico, Angela è impegnata nella progettazione e facilitazione dei processi (Reimaginary) e nella divulgazione scientifica (ad es. Progetto di storytelling @UponFuture e video-documentario 'Nature as Pathway').

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Cecilia Paonessa

Cecilia Paonessa è una studentessa triennale di filosofia a Bologna. I suoi interessi principali sono legati al pensiero e alla razionalità della vita. Trova che sia intrigante porsi domande sulla validità dell'esistenza e di ciò che la circonda. Si è diplomata al liceo artistico, dove ha sviluppato un senso estetico e una sensibilità particolare verso l'arte e la vita. Il suo mantra è vivere ogni singolo giorno con la coscienza che non tornerà più, e che le esperienze di vita che facciamo non servono per una prossima vita ma per il prossimo che ci chiederà consiglio.

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Alberto Danese

Alberto Danese è un ex studente di dottorato in Ingegneria Elettrica. Attualmente lavora per una società di consulenza no-profit per gestire progetti europei nell'area della sostenibilità e della povertà energetica. Durante la doppia laurea in ingegneria energetica e sostenibile a Stoccolma e Barcellona è stato un attivista in Fridays for Future and Extinction Rebellion.

Trascrizione

GIULIA: Benvenuti, gli ospiti di questo episodio sono Alex Bellini, esploratore, oratore e mental coach, esploratore esterno e interno di se stesso e del mondo, Maura Gancitano scrittrice, filosofa e fondatrice del progetto Tlon che si occupa di filosofia, immaginazione e ricerca interiore, educazione di genere e letteratura, Marianna Esposito professore associato presso l’università di Salerno dove insegna filosofia politica e gender studies e Angela Moriggi che è una ricercatrice che lavora per progetti di sostenibilità e transdisciplinarietà dal 2013, attualmente ha conseguito una prestigiosa meritury, Alberto Danese che è un ex studente di dottorato e Cecilia Paonessa, studente di filosofia.
Innanzitutto vi chiedo di esprimere le vostre emozioni rispetto alla foto, o meglio all’immagine, di cui abbiamo appena sentito la descrizione.

ALEX: Io ho guardato questa figura e le prime emozioni che mi ha fatto suscitare sono un senso di separazione, di solitudine e di disconnessione. Poiché c’è un uomo e una donna questo mi fa prima pensare alla disconnessione di genere nel dolore, nella sofferenza e nelle difficoltà. C’è un uomo e una donna che seppure sono nella stessa stanza sono molto molto distanti. Però poi in generale secondo me si può anche allargare la veduta e riflettere sulla disconnessione degli individui... quindi c'è sì una separazione di genere, se mi è permesso usare questo termine qua, e lo giustificherei dicendo che le donne e gli uomini differiscono molto anche sull'approccio alla sofferenza: le donne tendono a pensare più emotivamente mentre gli uomini sono più determinati verso l'autonomia o l'applicazione razionale di regole...il “To do”, no il che cosa fare quindi molto molto razionale.
Un'ultima riflessione sul disagio della donna, quindi il senso di distacco e di separazione della donna che è in luce, quindi il senso del disagio della donna è al centro dell'attenzione mentre il disagio dell'uomo essendo in ombra magari è come se fosse secondario. Poi c'è anche un termine di trasparenza cioè due persone separate però c'è la finestra aperta, quindi le persone possono guardare all'interno. Questo mi porta a pensare che c'è trasparenza e le persone possono vedere il nostro disagio ma spesso noi non comprendiamo il nostro o non lo vediamo.

MAURA: Bhe, sono abbastanza d’accordo con quello che ha detto Alex e mi ha aiutato anche in qualche modo ad approfondire la percezione. A me sembra che vivano quasi in due mondi diversi: quindi lui vive in un mondo ordinario, in un mondo come dire concreto ma come se non avesse ulteriorità, mentre lei sembra quasi in un abisso. Quindi è un'illustrazione che mi ha colpito perché apparentemente sembra, come dire, anche molto schematica, molto semplice, ma in realtà dentro ha delle emozioni profondissime quindi forse per questo stupisce…perché da descrivere forse è abbastanza facile. Però sono soprattutto gli occhi di lei che sembrano guardare un abisso e sembrano non riuscire neanche a raccontarlo, non riuscire a dirlo…e poi mi sembra che lui sia quasi pronto ad andarsene o voltarsi. Mi colpisce anche molto la finestra aperta con questa ciotola che dà spazio all'immaginazione perché non so bene che cosa sia potrebbe essere tantissime cose e immagino anche chi viva in quella casa. Mi sembra appunto che lui possa andarsene ma lei no perché è come appunto se le avesse visto qualcosa che lui non ha voluto vedere e mi colpisce che in qualche modo entrambi in realtà vivono qualcosa che sembra molto freddo ma totalmente diverso. Lei vede questo abisso che però è un abisso quasi gelido che la immobilizza, mentre lui è come se non riuscisse a percepire le emozioni e non si capisce bene anche il suo sguardo enigmatico perché potrebbe essere arrabbiato deluso da lei oppure semplicemente distante e quindi insomma, veramente fa venire in mente tante cose. Immediatamente appena l'ho vista ho pensato che fosse semplice, mi ha colpito perché mi aspettavo qualcosa di più complesso e in realtà nasconde anche tanti livelli diversi. La prima cosa appunto, la cosa forse che mi arriva in modo più potente, è questa separazione tra mondi come se da un lato ci fosse il mondo ordinario e dall'altro invece ci fosse qualcosa che ci spaventa e di cui abbiamo paura che poi è quello che in qualche modo possiamo cercare anche di allontanare nella vita... quindi mi viene in mente che lei forse è in uno stato di depressione e deriva da qualcosa che lui non ha potuto o voluto vedere.

GIULIA: Grazie perché avete introdotto il tema del giorno. Io faccio parte del mondo accademico e ho scelto questa immagine perché in effetti mi ha trasmesso questa inquietudine. Avete parlato di qualcosa che si sa ma per cui non si riesce ad agire, qualcosa che nasconde delle complessità che magari sono a conoscenza di molti, ma c'è un’inazione. Nell'episodio di oggi volevo affrontare con voi le disconnessioni, che si, fanno parte del sistema universitario ed educativo in genere e dovute alla società della performance accademica e vorrei portare la discussione su che cosa ci ha portato fino a queste disconnessioni e a come poterle superare con un’etica della cura che magari potrebbe essere dietro e oltre il ruolo di studenti e docenti universitari oggi.

ALEX: Pensando al tema del Podcast di oggi mi sono un po’ preparato, ho cercato di mettere ordine nei pensieri e se posso permettermi, la disconnessione che, non solo nel mondo accademico, ma in generale anche nella relazione tra due persone che si parlano, dove uno ascolta e l'altro parla e poi lascia il tempo che si interrompa per rispondere… è che la disconnessione talvolta è il sottoprodotto della sensazione che le persone che abbiamo di fronte non abbiano niente da dirci oppure non ascoltiamo neanche quello che ha da dire la persona perché abbiamo già la risposta in testa.

MAURA: E a me appunto parlando di performatività, di questo ho parlato e ne parlo molto, perché credo che questa sia veramente una società super performativa che quindi ci porta a una pressione sociale enorme...E questa pressione sociale ci allontana spesso dalla parte più autentica di noi che è una parte attiva ma soprattutto una parte contemplativa. Quindi tornando al quadro viene in mente che appunto è proprio una separazione tra queste due parti di noi che non è invece quella giusta misura, la temperanza... che forse potremmo cercare di trovare. E questo in effetti si riscontra, come diceva Alex, in tutti i luoghi e in tutte le professioni. Rispetto al mondo accademico da quello che ho letto e che so, c'è molta pressione, appunto ci sono anche dei problemi di cui non si parla mai di salute mentale che derivano da questo tipo di pressione. C’è una logica ovviamente gerarchica e di classifica... Secondo me non fa bene all’anelito originario della ricerca che ovviamente non può non confrontarsi con delle valutazioni, con dei criteri e con il mondo in cui viviamo, però appunto dovrebbe trovare una giusta misura. Quindi qualche modo tra questi due personaggi, un essere umano dovrebbe riuscire a trovare una giusta misura perché in fondo questo quadro ci colpisce perché sono due parti di noi, perché ciascuno di noi in una società come questa rischia di avere due personaggi così distanti. Mi viene in mente una storia che è quella di Medea e Giasone e appunto vedendo lui in particolare mi è venuto in mente Giasone che nella tragedia è un personaggio che rivendica la propria razionalità, rivendica il fatto di non avere contatto con le emozioni mentre Medea è impazzita... e in realtà viene punito dagli dei perché il contatto con le emozioni è fondamentale e perché un rapporto tra Medea e Giasone, che poi è in realtà un rapporto veramente dentro di noi come esseri umani, dovrebbe essere un rapporto di equilibrio… invece questo equilibrio è molto difficile da trovare soprattutto laddove ci si vergogna di parlare E appunto questo personaggio femminile mi fa venire in mentre la depressione che è qualcosa su cui c'è ancora tanto stigma e tanta vergogna (in generale sui problemi di salute mentale) e invece secondo me sarebbe importante parlarne. Come si trova l'etica della cura in tutto questo? si trova cercando di attraversare un ponte, di costruire un ponte... appunto come diceva Alex questi due personaggi sembrano solo vicini perché probabilmente sono nella stessa stanza però è come se fossero lontanissimi e bisognerebbe invece cercare di creare un ponte e soprattutto dovrebbe essere lui, non tanto lei che è dentro l’abisso, a costruire questo ponte e questa relazione. Io credo che oggi questa relazione tra le parti di noi e quindi la possibilità di una vita felice sia veramente difficile e mi piacerebbe chiedere ad Alex, considerato il modo nel quale ha organizzato la sua vita che è un modo avventuroso e autentico, come la vede lui, come vede lui questo modello sociale più in generale... diciamo che secondo me è estremamente performativo dove performatività non è quello che fa lui, le avventure ma l’ansia costante da prestazione.

ALEX: Sì prima di rispondere alla tua domanda mi viene da provocarti su un pensiero: la donna è evidentemente in uno stato di turbamento mentre l'uomo apparentemente, almeno la sua postura, sembra quasi distaccato e freddo… l'espressione un po' da Poker Face, sai i giocatori di poker che non esprimono emozioni… ma solo apparentemente secondo me si può dire che l'uomo sia freddo, perché siamo capaci di leggere il disagio e la sofferenza della donna, mentre è più difficile leggere la sofferenza dell'uomo.. Ma questo non vuol dire che l'uomo non contenga sofferenza. Quindi il primo passo per costruire questo ponte è considerare che ogni persona è portatore di uno stato d'animo ed è capace di sofferenza. In questo senso se poi vogliamo costruire un ponte, dirò una cosa sciocca ma ancora non è stata detta, dobbiamo metterci nei panni degli altri. Quindi sottolineare il concetto dell'empatia, il senso di vicinanza dovrebbe emergere.

MARIANNA: Mi posso introdurre in questo vostro commento di cui vi ringrazio… Però mi piace mettere in rilievo anche un aspetto di questo quadro che grazie a voi è venuto fuori, mi è arrivato con molta forza ed in qualche modo avevo già sentito e visto, ma che adesso mi è arrivato in modo prepotente… e cioè l'aspetto della cura di sé anche nel dolore più fondo, perché questa donna è vero è nell’abisso, è sprofondata in un letto in uno stato di angoscia, di depressione e di abbandono forse… però si accarezza il viso… accarezza il viso… la pelle è nuda... si accarezza proprio il volto in un gesto di cura e ascolto anche del dolore più fondo. Mentre l'uomo è completamente avvolto in questi panni scuri che non gli consentono il contatto con il dolore, il contatto con la pelle o quello che è… e quindi io credo che probabilmente la luce abbagliante che avvolge questa donna è anche data dal fatto che, si è nel dolore, ma è anche in un aspetto di ascolto, è quello che diceva Maura Gancitano adesso, di ascolto di se stessa, di ciò che accade e quindi una possibile ripresa. La cura di sé secondo me è il gesto iniziale per avere cura degli altri, del mondo…

ALEX: Mi piace, mi piace molto... adesso correndo il rischio di generalizzare oserei dire che la donna ha più capacità di comprensione, di ascolto e compassione... mentre l'uomo è spesso incapace di percepire ciò che prova... e lo dico benché io credo di averla un po' quella sensibilità, ma infinitesimamente minore rispetto tanto per dire, alla donna con la quale vivo e convivo e condivido la mia avventura che è mia moglie... quindi spesso ci fermiamo sulla capacità di analisi e di profondità, di ragionamenti in tutto questo però io non posso non trovare una relazione anche con il rapporto che abbiamo con la natura.. l'essere umano e la natura... ora superando quello che vedono i miei occhi cioè due uomini... però se già non siamo capaci di empatia verso l'un l'altro figuriamoci nei confronti della natura… Allora salto subito alla conclusione… che cos'è quella cosa che potrebbe farci ritrovare un senso di connessione con la natura? io penso che sia lo stupore, questo senso di meraviglia che smette di farci vivere alla ricerca di soddisfazioni personali istantanee e che ci faccia sintonizzare su qualche cosa di più grande che è il senso di riconnessione con la natura… perché poi di fatto lo stupore è la nostra porta verso l'infinito... verso qualcosa che sta dietro l'orizzonte e che non vediamo ma che percepiamo, che intuiamo…

GIULIA: Su questo allora posso agganciarmi e chiedere a Maura come si allenano i muscoli della meraviglia…

MAURA: In qualche modo diciamo che quello che lei prova, quello che mi arriva, è meraviglia nel senso ovviamente più complesso del termine... poi meraviglia viene da “thâuma” ed è il cominciamento della filosofia che è sia lo stupore di fronte alla meraviglia e la bellezza del mondo, ma anche l'orrore... Quindi anche l'abisso e in qualche modo si tratta di avere il coraggio di guardarlo e di guardare tutto. quindi di eliminare i filtri che noi abbiamo nei confronti della realtà...e questo è un esercizio, un lavoro costante, un lavoro quotidiano che si può fare qualunque cosa si faccia… quindi si può fare nella vita quotidiana, si può fare nel proprio lavoro... ed è uno sguardo che libera, libera tanto dai pregiudizi, dagli stereotipi, libera dai filtri che abbiamo tra persone, nelle relazioni gli uni verso gli altri… e questa cosa si può fare appunto in una maniera molto pratica… quindi con degli esercizi che hanno lo scopo di portarci a uno sguardo che non è quello che Husserl definiva lo sguardo naturale, l’atteggiamento naturale, uno sguardo che dà le cose per scontate, ma un atteggiamento filosofico che ha il coraggio di guardare le cose in una maniera meno filtrata, con meno stringenti, meno dogmi, meno false credenze. Non possiamo pensare di vedere le cose per quelle che sono, però possiamo sforzarci di percepirle in un modo diverso...Questo significa anche avere il coraggio di sentire l'urto del mondo e questo ha a che fare, secondo me, questo dettaglio della mano come cura di sé non l'avevo notato, non l'avevo visto in questo modo... ma la cura di sé è un approccio fondamentale e ha a che fare con l’attenzione. Io credo che tante cose... lo sforzo che noi stiamo facendo che non è tanto uno sforzo, è proprio quello che stiamo cercando di fare... Cioè porre l'attenzione a questo quadro, sia quello che spesso non facciamo normalmente… cioè giudichiamo velocemente soprattutto per il mondo in cui è costruita la nostra società che ci dà tantissime sollecitazioni e ci chiede di rispondere e reagire immediatamente... in questo caso invece stiamo portando l'attenzione più in profondità, stiamo guardando i dettagli di questo quadro, tanti non li stiamo raccontando ma probabilmente se potessimo ce li racconteremmo tra di noi… abbiamo cercato di notare tante cose che forse distrattamente non avremmo notato.

GIULIA: E poi ne stiamo parlando da un punto di vista emozionale, cioè il discorso va anche oltre l'analisi nel dettaglio e ci muoviamo insomma su un terreno che ci trova umani, uguali, fatti della stessa pasta…

MAURA: E infatti è curioso perché è un percorso insolito. Secondo me la meraviglia si coltiva in questi percorsi insoliti, noi abbiamo il modello di performatività che è un modello per cui fai tante cose durante la giornata che rischiano di essere un po' tutte uguali. Questa può essere invece un'esperienza diversa, è quello che però facciamo anche per proteggerci soprattutto in momenti in cui abbiamo la necessità di sentire che stiamo facendo delle cose ma non le possiamo fare nel modo tradizionale del termine. Il rischio è quello di cercare di ripercorrere sempre gli stessi tragitti, fare sempre le stesse cose, invece la meraviglia è proprio coltivare quello che è controintuitivo, quello che è diverso, coltivare il divergente che ha a che fare con il pensiero ma anche con l’emozione...ha a che fare con l’avventura, con il viaggio, appunto con il contatto con la natura... e questo è estremamente concreto, estremamente pratico...secondo me parte da una riflessione, da un pensiero, quindi in questo coltivare la meraviglia significa anche prendersi il rischio di incontrare qualcosa che ci sconvolge e che ci fa orrore perché questo comunque significa togliere dei filtri di cui siamo pienissimi in questo mondo.

GIULIA: Si, talaltro questo mi dà il là per introdurre Angela Moriggi nel discorso... Gli ingredienti del suo percorso transdisciplinare credo ci siano tutti tra quelli che avete citato, cioè andare per percorsi altri rispetto a quelli abituali, includere voci diverse, decolonizzare il nostro pensiero, le nostre discipline, contaminarle con altri saperi... Angela tu come hai portato all’interno dell’accademia questo mondo “altro”?

ANGELA: Per me è stato fondamentale fare una scoperta di quello che era veramente il mio “purpose”, veramente cosa volevo fare come accademica, come ricercatrice. E’ stato un percorso lungo, è iniziato in Cina, poi è passato per vari posti tra cui la Finlandia e ho capito che fare ricerca partecipata era quello che trovavo più vicino alle mie note e soprattutto esplorando l'etica della cura, sia da un punto di vista concettuale, quindi rifacendomi a tutta la tradizione femminista, e voglio anche approfittarne per nominare una delle persone che è stata per me veramente di grande ispirazione che è mancata la settimana scorsa, la filosofa Elena Pulcini che se n’è andata in maniera così velocemente, repentina per via del COVID e ci sono rimasta malissimo parlando di emotività perché ero lì che speravo di mandarle una mail per dirle di quanto ha ispirato la mia ricerca proprio alle soglie della difesa del mio dottorato che sarà tra un mese. E insomma, detto questo, proprio mi è venuto in mente mentre Maura menzionava “Sentire l'urto del mondo”, perché Elena ha scritto un libro meraviglioso tra i tanti, che è “La cura del mondo, paure e responsabilità nell’era globale” e quindi rifacendomi a tutta questa tradizione femminista dell’etica della cura, e praticando la ricerca azione partecipata, ho cercato di fare una ricerca più responsabile, nel senso di abile a rispondere alle esigenze delle persone, delle comunità con cui lavoravo, quindi in ascolto delle loro necessità e delle loro capacità. Non è facile, non sono riuscita a fare dei miracoli però senza dubbio è stato un percorso molto importante perché mi ha portato a sperimentare tanti metodi, tra cui metodi creativi eccetera... e mi ha portato soprattutto a far parte di una comunità di persone che vogliono cambiare l’accademia. Questa è una cosa che ci tengo molto a dire perché quando voi avete parlato delle vostre emozioni rispetto a questo dipinto, vi devo dire che a me quella persona maschile lì mi ricorda e non riesco a staccarmelo dalla testa, la fisionomia di Pier Paolo Pasolini, io lo vedo proprio lì, forse anche nella postura… in realtà quello che a me è sembrato, sembra lui che guarda la nostra società che va un po’ a rotoli come lui aveva previsto, e quindi questa interpretazione molteplice che è l’arte mi fa venire in mente anche delle interpretazioni molteplici che quando parliamo di accademia dobbiamo ricordarci di porre all'attenzione. Perché c'è un'accademia che è molto distante, c'è un'accademia che non è consapevole della società, un'accademia che non vuole vedere, ma c'è anche un'accademia che ci prova tantissimo a cambiare le cose sia nel rapporto con gli studenti che con la società che è all'interno delle relazioni e con i colleghi, e ce un'accademia che come diceva Maura sta molto male, che è molto vulnerabile e che è oppressa da un sistema neoliberale e da istituzioni che vengono sempre più aziendalizzate e quindi per me è stato un privilegio trovare una via di ricerca più consona alle mie note, perché mi ha permesso anche di entrare in contatto con persone che sono come dicono alcune filosofe della cura “stay with the trouble”, cioè stanno male perché non si piacciono, non gli piace stare in un sistema così...è un sistema che spesso e volentieri provoca burnout, depressioni e appunto problemi mentali.. però allo stesso tempo tentano di fare le cose diversamente rifacendosi alla tradizione, all’ascolto, alla sperimentazione, alla meraviglia e a tutte le cose che voi avete menzionato.

GIULIA: Grazie, Grazie Angela perché è sintomatico che io e te che siamo queste outside nel sistema abbiamo percepito le stesse emozioni guardando questo quadro. Ovviamente è bello comporre insieme il caleidoscopio di emozioni date da Mauro e Alex che appunto essendo esterni ci hanno visto oltre e altro, però il senso di questo episodio del podcast era un po’ anche questo… alzare la voce e fare emergere i problemi ben noti nel mondo accademico che adesso nel post covid sono quanto mai urgenti.
Do la parola ad Alberto quindi per una domanda…

ALBERTO: Grazie mille Giulia, la mia domanda è per Alex... da ex studente e da cittadino durante l’epoca della pandemia ci siamo ritrovati spazi più piccoli, spazi che non sono a misura d’uomo soprattutto se lo pensiamo come animale sociale che ha bisogno di socializzare e ha bisogno di connettersi anche con la natura. Quindi chiedo ad Alex, in questo periodo di restrizioni, di passeggiate nei limiti del vicinato di casa, come si fa a trovare una connessione con la natura, come possiamo connetterci con la natura in questo periodo, come trovare avventura nelle nostre passeggiate pomeridiane?

ALEX: Ogni tanto si ha la sensazione che si possa far avventura o fare esperienze della natura solo recandosi dall’altra parte del mondo e poi finiamo, non so se è mai capitato a voi di essere totalmente ignoranti a riguardo del piccolo bosco che c’è dietro casa nostra. Io ho fatto questa esperienza, divertente, sorprendente… capitava a Marzo/Aprile, un giorno sono uscito di casa con la volontà di cercare il silenzio, mi sono avventurato nel bosco dietro casa scoprendo dopo due ore che non c’era silenzio dietro casa mia, c'era sempre qualcuno che martellava, segava, riparava mobili, spostava cassonetti dell’immondizia... e questo pero mi ha stimolato a chiedermi se alla fine il silenzio non sia qualche cosa da nutrire internamente. Non possiamo andare a cercarlo al di fuori se non c’è dentro il silenzio, o meglio ci sono vari livelli di silenzio e quindi nonostante il chiasso che c'era attorno a casa mia mi sono seduto sotto una pianta e ho cercato di fare silenzio internamente e forse lo stesso discorso vale per fare esperienza della natura. E’ molto semplice, più semplice di quello che uno crede, fare esperienza della natura, basta riprendere il contatto con quello che ci appartiene, ora sempre a proposito di stupore. Ma io credo che le esperienze nella natura siano difficili da essere comunicate a parole, è un'esperienza potentissima, basta un’alba sull'oceano o sedersi in cima alla punta di una montagna per vivere qualche cosa di grandissimo che è misterioso e magnifico allo stesso tempo e sono le due parti di un mondo, quello fatto dall'uomo e quello naturale che non sono due mondi separati ma sono due mondi che uno si innesca, si incastra nell’altro. e quando accetteremo l'idea che non esistono due mondi, quello spirituale e quello materiale, quello fatto dall’uomo e quello naturale, ma esiste un solo mondo che è misterioso e magnifico allo stesso tempo, forse riusciremo a risvegliare quel senso di gratitudine che forse è l'ultima parola che mancava in questo caleidoscopio di parole e di emozioni.

GIULIA: Bello, grazie Alex. Cecilia vuoi fare tu l’ultima domanda?

CECILIA: Si volentieri, io avevo una domanda un po’ per tutti in realtà. Si tratta appunto, abbiamo parlato del genere, della natura, del rapporto uomo-natura, e quindi mi viene spontaneo chiedere di come far capire alle persone, di come insegnare anche agli studenti che effettivamente non c’è tanta differenza tra uomo e donna se non fisicamente ovviamente. Come far capire, come immedesimarci l’uno nell'altro per riuscire a comprendere l'altro soprattutto in un periodo del genere che siamo chiusi in casa, siamo fermi…

ALEX: Un concetto che condivido tantissimo è la capacità di convivere nella moltitudine, l’idea che l'uomo è solo l’uomo e che la donna sia solo la donna non prevede la possibilità di creare punti di contatto ma se l'uomo inizia con coraggio anche a pensare a quanta donna contiene l’uomo e al contempo quanto uomo contiene la donna, allora si crea quella commistione tipica del tao dove c'è un po’ di bianco nel nero e un po’ di nero nel bianco. Questa è la prima cosa... e nella relazione studente-professore alla fine quanto studente c’è o quanto studente è rimasto nel professore? si dice che dare è un po’ come ricevere, quanto più tu insegni, tanto più impari, non so se vale ancora nella professione del professore. L'idea che il miglior modo per imparare sia insegnare, non so se è così però il senso di meraviglia è un’altra cosa, dove è finito il senso di meraviglia del professore? se non nell’imparare attraverso l’insegnamento o nello scoprire che lo studente è portatore di conoscenza che talvolta va al di là della stessa conoscenza del professore. Non so se è stato chiaro il mio processo però scoprirci un po’ più simili agli altri, scoprendo la parte che noi abbiamo in comune con l'altra persona... e poi convivere in questa moltitudine…

GIULIA: Grazie, grazie Alex… io allora lascerei la parola a Marianna per i due minuti di meditazione e poi le parole con le quali ci lasciamo e le portiamo a casa.

CECILIA: Posso solo dire un’ultima cosa prima di chiudere, velocemente… Per rispondere ad Alex, come dire a un professore che ha studiato per anni, e comunque, non so da voi però molti professori sono abbastanza egocentrici, soprattutto in filosofia noto… e quindi come far capire a un insegnante che magari spiega l’etica, magari spiega la morale… come far capire a un professore del genere che può apprendere anche dall’allievo?

GIULIA: Ammazza che domanda!

ALEX: Questa è una domandona!

CECILIA: Scusate, scusate davvero…

GIULIA: Prego, prego, Maura stavi rispondendo…

MAURA: Si beh, forse appunto un’altra parola che possiamo aggiungere è curiosità, forse anche gioia pensando all’etica perché mi veniva in mente Spinoza, quindi oggi viviamo veramente in un mondo in cui lo sguardo cinico è uno sguardo che è molto comodo spesso, ed è uno sguardo in cui veniamo spinti appunto dalla pressione, dalle dinamiche sociali, dalla struttura di potere in cui viviamo..invece la curiosità in qualche modo rompe questo circolo, e il rapporto originariamente, appunto si faceva riferimento all’antica Grecia, il rapporto di apprendimento e di formazione e di fioritura come la chiamo io dovrebbe essere un rapporto erotico, un rapporto di tensioni in cui si impara vicendevolmente, in cui i ruoli non si appiattiscono, diventano identici, rimangono ruoli diversi ma in cui si può veramente comprendere di più dialogando. E questa cosa spesso diventa una somministrazione di emozioni e un dover costantemente performare..questo tipo di rapporto in un momento come questo è ancora più difficile..leggevo oggi un articolo di cyberpsicologia che dimostra che ci sono alcune cose che accadono dall’incontro dal vivo che non possono accadere online almeno per come gli spazi digitali sono ostruiti oggi, ma dovremmo cercare di ricostruirli..e qua secondo me sta l'etica della cura, di cui potremmo parlare veramente per ore, ma in qualche modo davvero dipende dal nostro desiderio di comprendere qualcosa a livello umano, il percorso accademico, il percorso lavorativo non dovrebbero essere solo percorsi intellettuali, pratici, tecnico-scientifici ma dovrebbero essere sempre anche percorsi emozionali in cui mettersi in gioco in modo che non ci sia distanza e non ci sia una separazione tra il mondo ordinario, la vita attiva, la vita contemplativa o la vita lavorativa e la vita personale. In qualche modo dovremmo immaginare di poterci sviluppare armonicamente, invece questa cosa diventa sempre più difficile e qui secondo me sta il potere dell’incontro, dello sguardo, del vedersi, del mettersi anche davvero in discussione, del potersi trasformare attraverso le altre persone, non ci possiamo mai trasformare davvero da soli.

ALEX: C’è una storia molto famosa e credo che abbia origine da qualche parte in oriente, Cina o Giappone, che racconta la storia di 5 ciechi che si trovano di fronte a un animale che è un elefante e ognuno racconta quello che sente..loro possono dar senso all’elefante non vedendolo ma solamente attraverso il tatto, però siccome ognuno si concentra su un punto del corpo dell’animale, uno la proboscide, l'altro sente la ruvidezza della pelle, un altro gli tocca una gamba..ognuno giunge a conclusione che quello che hanno di fronte è una volta un tronco d’albero, un volta un muro di cemento, un’altra volta una persiana di una finestra, le grandi orecchie..e se nessuno avesse ragione e tutti avessero ragione contemporaneamente? e se l'unica forma di ragione fosse una ragione condivisa in cui ognuno apporta il proprio pezzettino di verità? potrebbe essere questa una visione più globale, l’idea che non esista neanche in capo al più grande e più famoso professore il senso di verità, ma è solo una piccola parte della più grande, potemmo raggiungere al momento in cui ci apriamo anche alla possibilità di essere feriti, alla vulnerabilità, alla possibilità di sapere che tutto ciò che sappiamo è sbagliato. Non capiterà mai però ecco, questa apertura verso l'ignoto o anche verso l'opinione di uno studente potrebbe magari qualche senso di meraviglia in tutti.

GIULIA: Speriamo…

ANGELA: Mi piacciono molto queste suggestioni di Maura e Alex e non vanno date per scontato neanche per gli studenti. I ragazzi a volte sono loro stessi vittime e fautori di quella aziendalizzazione perché trattano la conoscenza come un servizio. Purtroppo, oggi dobbiamo veramente interrogarci su come la curiosità, lo stupore e quel sapere condiviso che si può creare insieme debba avvenire sia dai professori ma debba anche essere ritrovato in molti studenti e molti giovani. Scusate ma ci tengo..

GIULIA: Ma no è davvero importante e poi appunto è un podcast che è per i ragazzi, è pensato in primis per gli studenti e quindi è giusto che se ne parli ecco, che si responsabilizzino tutti intorno a questo tema.
Allora io chiedo adesso a Marianna di guidarci per una messa a terra nel respiro delle cose che abbiamo ascoltato.

MARIANNA: Si Giulia però mi piace ringraziare tutti quelli che ho ascoltato perché mi hanno dato davvero delle importanti suggestioni, emotive e anche intellettuali e mi piace ringraziare Elena Pulcini, anche io voglio unirmi a Cecilia (Angela) in un ringraziamento profondo per questa donna che ho avuto la fortuna di conoscere e che ha avuto anche la grazia di unire lo stile del pensiero a un’eleganza interiore davvero ammirevole e che ha dedicato tutta la sua vita alla questione della cura, alle passioni come risorsa sociale e al soggetto emozionale come produttivo di nuovi modi di vivere.. Vi chiedo di sedervi comodamente dove siete..di sedere in modo rilassato..di percepire il peso del vostro corpo..dei piedi sul pavimento..rilassate ogni parte del corpo..rilassate la pelle del viso, la fronte, le labbra..lasciate che il cervello, il cranio si appoggi alla colonna e receda, vada indietro..lasciate che anche le orecchie vadano indietro, recedano, e rilassate..rilassate le spalle, la lingua..rilassate ogni parte del corpo..e da questo stato di rilassamento iniziate a osservare il vostro respiro ordinario..inspirate profondamente e tranquillamente..lasciate che il respiro si espanda attraverso i polmoni..si espanda nel petto..ed espirate profondamente e tranquillamente.. entrate nel corpo, sentite il tocco del respiro nelle narici..fatevi osservatori di questo tocco delicato, leggero..ed espirate..ritirate tutti gli organi di senso e sentite solo questo tocco..inspirate..sentite il vostro corpo come un vaso che raccoglie questo movimento che si espande, come dell’acqua..e lasciate andare tutti i pensieri..lasciate andare i pensieri che si diradano come nuvole nel cielo..portate nel respiro e lasciate andare..ancora per un'ultima volta fatevi osservatori del vostro respiro ordinario..percepite il tocco del respiro nelle narici..il vostro cervello è quieto..limpido..e silenzioso..inspirate..ed espirate lasciando andare..Ora quando volete potete aprire gli occhi e dare 3 parole che vi lascia questo incontro.

ALEX: La prima parola è conoscenza, la seconda è realtà, con l’idea che non esita una sola realtà ma tante quante sono le persone che osservano lo stesso dipinto, e la terza è osservazione.

MAURA: Le mie parole sono forse diverse rispetto a come le avrei scelte prima sono profondità, sguardo e distanza.

ANGELA: Le mie parole sono tocco, trasformazione e gratitudine.

ALBERTO: Le mie parole sono silenzio, meraviglia e apprendimento.

CECILIA: Una parola è già stata detta ma le mie sono dubbio, leggerezza e conoscenza.

MARIANNA: Giulia…

GIULIA: Non me l’aveva ancora chiesto nessuno, però le mie sono coraggio, verità e ribellione. Con queste parole allora chiudo l’episodio di oggi e vi ringrazio per essere stati con noi!

PER MAGGIORI INFORMAZIONI

  • Maura Gancitano è fondatrice del progetto Tlon di divulgazione culturale. Scopri di più sul sito del progetto.

  • Angela Moriggi è impegnata nella progettazione e facilitazione dei processi facente parte di un insieme di professionisti e ricercatori che esplorano come i metodi creativi possono supportare un profondo cambiamento verso culture giuste ed ecologiche. Qui il sito del progetto Reimaginary.

  • “La cura del mondo, paure e responsabilità nell’era globale” - Elena Pulcini. L’introduzione del libro può essere consultata liberamente qui.